“I tassi bassi hanno prodotto instabilità finanziaria, e il loro rialzo repentino l’ha amplificata. Rischiamo un avvitamento, anche per la mancata gradualità nella normalizzazione del costo del denaro da parte delle banche centrali”. Non ricorre a mezzi termini l’economista Nouriel Roubini per descrivere la situazione attuale.
Partiamo dal rischio più immediato. “Nel breve, ciò che deve preoccuparci di più è l’aumento dell’inflazione, il rischio di recessione dovuto alle dinamiche dei prezzi, quindi la stagflazione. Bisogna valutare l’impatto che questo mix sta avendo sulla stabilità finanziaria in un mondo in cui c’è troppo debito pubblico e privato. Rischiamo di passare dalla ‘Grande moderazione’, tassi bassi e grande liquidità, alla ‘Grande stagflazione’, infine all’instabilità finanziaria”, chiarisce Roubini.
Tra i vari problemi, uno riguarda la memoria, evidenzia l’economista: “La prima è che la gente si è dimenticata che quando i rendimenti obbligazionari sono più alti, il prezzo delle obbligazioni è più basso. Nelle banche statunitensi le perdite dovute a questo fatto sono di 620 miliardi. Un terzo del capitale degli istituti bancari statunitensi. Ora, questo rischio di mercato irrisolto può diventare rischio di credito. Si arriva a una restrizione del credito stesso, quindi a una recessione, quindi nuovi crediti deteriorati. Nuovi problemi, dunque. Un quadro molto complicato”.
Nel caso dell’Italia Roubini parla di carota e bastone. Il governo Meloni “si è rivelato ragionevolmente prudente per il momento. Anche perché la carota è la possibilità di avere accesso a tutte queste sovvenzioni e prestiti a buon mercato dell’Europa. Ma poi ci sono i problemi del Paese, ovvero il bastone. La crescita potenziale è bassa, la popolazione invecchia, c’è stata una parziale fuga di cervelli”.
All’orizzonte si profila - secondo l’economista - poi un ulteriore rischio: “Probabilmente non ci sarà un aumento della crescita potenziale. E poi c’è l’incognita dei tassi di interesse; se dovessero salire sopra quota 4%, potrebbe essere doloroso per l’Italia. Gli interessi passivi sul debito aumenteranno e quindi anche il rapporto debito/Pil. E si dovrà o tagliare la spesa pubblica o alzare le tasse”.