Tra i rischi dello scenario internazionale connessi al rialzo dei tassi di interesse non c’è solo l’instabilità delle banche, ma anche quella di numerosi Paesi emergenti e in via di sviluppo. I debiti pubblici sono aumentati quasi ovunque per via della pandemia e dei successivi rincari energetici e dei beni alimentari. Il tentativo dei governi di rimettere ordine nei conti pubblici è oggi ostacolato dall’aumento dei tassi di interesse dei Paesi avanzati.
In particolare, le preoccupazioni riguardano gli aumenti dei tassi statunitensi, dato il ruolo cruciale (ancora per quanto?) del dollaro sia nella fissazione dei prezzi delle materie prime sia nei debiti esteri dei Paesi in via di sviluppo. Molti Paesi sono in una condizione che secondo il Fondo Monetario Internazionale è di “brutale stretta finanziaria”.
D’altronde, i capitali finanziari non vanno dove porta il cuore bensì alti rendimenti. Il ragionamento dei mercati è: perché continuare a investire in paesi poveri e difficili quando invece è ora possibile ricavare margini interessanti con il dollaro statunitense?
Il Pakistan ne è un esempio evidente, anche se buona parte dei suoi problemi hanno origini pregresse. In casi come questo, non ci sono alternative al default sul debito; tuttavia, oggi è più difficile risolverlo rispetto al passato in quanto i creditori non sono più solo le banche occidentali, ma anche la Cina e molti operatori residenti.
Ma attenzione ai colpi di coda. Il default di molti Paesi emergenti può potenzialmente avere ripercussioni sensibili sulla stabilità dell’intero sistema finanziario internazionale. Il nuovo strumento finanziario introdotto nel 2020 dalla Federal Reserve, il FIMA Repo, attenua i problemi di liquidità nel breve periodo, ma non può essere risolutivo.