Nel 2020 ci sono già stati 38 tagli dei tassi da parte delle banche centrali del pianeta. Le ultime manovre in ordine cronologico risalgono all’11 marzo quando sia l’Islanda che il Regno Unito hanno ridotto il costo del denaro entrambe di 50 punti base portandolo la prima al 2,25% e la seconda allo 0,25%.
I tagli sono generalizzati e toccano ogni angolo del pianeta. Dalle isole Mauritius a Macao, dal Gambia al Brasile. L’Australia il 3 marzo ha portato il tasso di riferimento allo 0,5%, abbassandolo di 25 punti base.
Inoltre su 29 tagli solo 14 sono stati di 25 punti base, mentre la gran parte ammonta ad almeno mezzo punto percentuale. Al primo posto di questa classifica figura l'Argentina che in tre tranche negli ultimi due mesi ha tagliato i tassi del 10%.
In controtendenza, Kyrgyztan e Repubblica Ceca che hanno aumentato il costo del denaro negli ultimi due mesi di un quarto di punto.
In ogni caso la tendenza tracciata dalle banche centrali per contrastare il rischio di recessione globale è evidente: tagliare tassi, stampare nuovi soldi laddove necessario attraverso nuovi piani di quantitative easing (il programma di acquisto titoli).
Le banche centrali hanno quindi già sforbiciato tanto ma gli investitori si aspettano molto di più. Questo perché i mercati fanno davvero fatica a prezzare gli effetti diretti e indiretti del Coronavirus. E nel dubbio gli investitori vendono. Scollando i dati finanziari dai tassi fissati dalle banche centrali. Costrette ad inseguire.
Ma c’è qualcuno che si discosta dal coro. È la Bce che a sorpresa ha deciso di non limare ulteriormente al ribasso i tassi di interesse (anche se ha aumentato il quantitative easing già programmato per il 2020 passando da 20 miliardi al mese a 33), scelta che ha fatto sprofondare i mercati e causato la dura reazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.