Da quando, 50 anni fa, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon chiuse il sipario sul sistema di Bretton Woods (che prevedeva la convertibilità del biglietto verde in oro), il dollaro statunitense è stato la valuta globale dominante, perlopiù a causa dell’assenza di altri aspiranti al trono. Tuttavia, i recenti avvenimenti afgani ci hanno ricordato che le condizioni possono cambiare. Il punto è: ora che i talebani hanno nuovamente prevalso in Afghanistan, la loro ‘vittoria’ avrà delle implicazioni sul ruolo globale della valuta dell’economia più grande del mondo?
Si potrebbe pensare che il dollaro è ‘immune’ da questo rischio visto che ha già subito la caduta di Saigon nel 1975 e la debacle in Iraq a seguito dell’invasione statunitense nel 2003. Perché questa volta dovrebbe essere diverso? In realtà la risposta dipende dalle proprie aspettative sull’evoluzione dell’economia mondiale e sul comportamento dei suoi principali attori finanziari, vale a dire Cina e Ue. Quindi, dopo la fine di Bretton Woods, su cosa si è basato il potere incontrastato del dollaro?
In primo luogo, la maggior parte dei paesi ha scelto di non far fluttuare liberamente le proprie valute rispetto al dollaro. Anche se negli ultimi decenni un numero maggiore di Stati ha lanciato le proprie valute, altri hanno mantenuto tassi di cambio fissi.
In secondo luogo, i pochi paesi che avevano abbastanza peso economico per influenzare il sistema monetario globale (Giappone e Germania e, più recentemente, Cina) hanno preso la decisione consapevole di non farlo. È vero che il marco tedesco ha svolto un ruolo macroregionale (a livello europeo) dal 1973 fino all’istituzione dell’Unione monetaria europea nel 1992 e all'introduzione dell’euro nel 1999. Ma oltre a ciò, Berlino ha costantemente adottato misure per impedire alla sua valuta di assumere un crescente ruolo globale. Inoltre, le autorità tedesche si sono costantemente opposte all’idea di obbligazioni paneuropee, con l’unica eccezione del finanziamento del Recovery Fund. E senza un bilancio comune, l’euro non potrà competere con il dollaro o svolgere un ruolo più significativo nel sistema finanziario mondiale. Per quanto riguarda il Giappone, Tokyo non ha mai mostrato alcun interesse per un ruolo globale dello yen, nemmeno negli anni ‘80 e ‘90, quando in molti ritenevano che l’economia nipponica avrebbe potuto mettersi al passo con quella degli Stati Uniti. Infine, nonostante le sue frequenti critiche verso l’attuale sistema monetario globale, la Cina è stata a lungo riluttante a espandere l’impronta del renminbi nei mercati finanziari, sia a livello domestico che internazionale.
Il che ci porta al terzo motivo per cui l’attuale sistema dura da così tanto tempo: la scelta ponderata degli Stati Uniti. Come, in particolare, ha ricordato l’operato della presidenza a guida Donald Trump, gli Stati Uniti godono dei benefici conferiti dall’emissione della valuta globale dominante sul piano economico, ma anche politico e diplomatico. Un esempio concreto è offerto dalle sanzioni comminate da Washington verso i paesi ‘nemici’ (tra questi l’Iran).
Una pratica, quest’ultima, che potrebbe ora cominciare a incontrare più di qualche opposizione. Motivo per il quale, se la Casa Bianca reiterasse lo stesso comportamento anche contro l’Afghanistan a guida talebana, ciò rischierebbe di avere un’influenza significativa sul futuro della valuta americana. Nel frattempo, l’Fmi sta lavorando alla revisione quinquennale del paniere dei Diritti speciali di prelievo (Dsp). Si tratta di un particolare tipo di valuta: è l’unità di conto dell’Fmi il cui valore è ricavato da un paniere di valute nazionali. Dollaro Usa, marco tedesco, franco francese, sterlina britannica e yen giapponese fino al 1999, quando l’euro ha sostituito marco e franco. Lo scopo dei Dsp era rimpiazzare l’oro nelle transazioni internazionali. La prospettiva attuale è un incremento dell’importanza del renminbi, un segno che il sistema monetario mondiale si sta lentamente ma ineluttabilmente evolvendo. Con un evidente riflesso (negativo) per la moneta statunitense che al momento resta comunque il principale strumento di pagamento al mondo.