La lista delle sanzioni contro la Russia si fa sempre più lunga. Ora la domanda è: tutto ciò servirà a qualcosa? Le sanzioni hanno l’obiettivo di provocare il massimo danno in Russia e il minimo nel resto del mondo. Per questo sono ancora possibili i pagamenti relativi alle forniture di petrolio e gas russi. Ma il punto non è solo l’energia.
Per gli Stati Uniti è da sempre importante non mettere a rischio l’egemonia sui mercati finanziari, assicurata anche dal ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale. Così come le banche che operano a livello internazionale non sembrano voler rinunciare al mercato finanziario statunitense e alle sue infrastrutture di pagamento.
Ma per il mantenimento di questo status bisogna evitare il minimo sospetto che gli Stati Uniti e i loro alleati abusino del dominio finanziario per perseguire finalità politiche. In questo caso, infatti, altre valute potrebbero prendere il posto del dollaro o potrebbero sorgere sistemi di pagamento alternativi. È questo il motivo per cui anche gli Stati Uniti hanno esitato a prendere misure più severe.
Le sanzioni, il cui obiettivo è isolare la Russia dal sistema finanziario internazionale e indebolirne l’economia, faranno crescere il prezzo pagato dai russi per il proseguimento delle loro azioni militari, anche se probabilmente non costringeranno Putin alla ritirata.
Nel paese, tuttavia, non sembra esserci grande entusiasmo per l’invasione. Anzi, le manifestazioni contrarie all’intervento in Ucraina si moltiplicano al pari della repressione messa in atto dal Cremlino.
Quindi è piuttosto improbabile che la rabbia dei russi si rivolga all’improvviso contro la Germania o gli Stati Uniti. Il ruolo del dollaro potrebbe dunque restare immutato a livello globale nel breve periodo.
Per Putin, invece, la situazione non sembra poi così favorevole. Per il suo regno potrebbe essere l’inizio della fine. Nella speranza che, prima di lasciare la scena politica globale, non commetta uno sproposito.