Il ciclo economico globale continua a segnare bel tempo, lo prevedono le stesse stime dell'Fmi: +3.9% quest'anno e +3,9 il prossimo. Eppure la maggior parte dei responsabili economici continuano a dirsi preoccupati che qualcosa possa rompere l'incantesimo. E quasi tutti concordano che questo qualcosa possa essere la stretta sull'import più volte annunciata da Trump.
I rischi, molto difficili da gestire perché divergenti, li ha ben descritti Alejandro Werner, capo del dipartimento occidentale dell’Fmi: “Imponendo tariffe, i prezzi schizzano subito verso l'alto, ma poi c'è un contro-effetto recessivo che spinge i prezzi all'ingiù”. Il vero rischio, dunque, è la deflazione, più che l'inflazione. “Ci sarebbe quindi da aspettarsi – continua Werner - non una stretta sui tassi come inizia ad avvenire, ma al contrario un allentamento della politica monetaria, con un abbassamento dei tassi, per favorire la ripartenza”.
Ma il paradosso è che i tassi sono già al minimo e, anzi, alcune banche centrali, a partire dalla Fed, hanno deciso di confermare la rotta che porta da qui all'estate a un innalzamento dei tassi. Insomma la guerra commerciale che sta per inaugurare Trump spaventa anche chi potrebbe trarne vantaggio, come il Paraguay il cui export di soia potrebbe beneficiare di un braccio di ferro tra Usa e Cina. Sì, forse per un anno un settore potrebbe avvantaggiarsi, ma nel medio termine sarebbe probabilmente negativo per tutti.