Moderazione. Questa è la parola chiave dell'ultimo bollettino della Bce, che "ha confermato la necessità di un elevato grado di accomodamento monetario".
I rischi legati alle prospettive di crescita dell'area dell'euro rimangono sostanzialmente bilanciati. Quelli, invece, collegati ai fattori globali, compresa la minaccia di un aumento del protezionismo, sono diventati più significativi.
L'inflazione convergerà verso il suo obiettivo di poco inferiore al 2% nel medio termine. Al momento, tuttavia, la dinamica dei prezzi al consumo resta debole e non ha ancora mostrato segni convincenti di una sostenuta tendenza al rialzo.
I rendimenti dei titoli di Stato dell'area euro sono diminuiti, così come gli spread dei titoli sovrani. Ciò riflette un miglioramento dei fondamentali macroeconomici a livello nazionale alla luce dell’espansione globale.
La parte più interessante del bollettino è un’altra. Francoforte manda un messaggio chiaro a Bruxelles, o meglio ai due soggetti – Macron e Merkel - che sembrano aver in mano le chance di riforma dell’Ue. La Bce ritiene che "una più efficace condivisione dei rischi tra paesi potrebbe contribuire ad aumentare la capacità di tenuta dell'eurozona”. Tradotto, ci vuole più Europa.
La voce di quoted
Per convincere gli euroscettici sull’opportunità di un’Unione europea più forte, la Banca centrale fornisce una comparazione eloquente con gli Usa, dove i trasferimenti dal bilancio federale contribuiscono in modo rilevante - l’80% - all'assorbimento degli shock dei singoli stati. Nell’eurozona la percentuale scende al 40%. Ciò depotenzia il ruolo e la possibilità di azione da parte delle istituzioni europee e, di conseguenza, lo sviluppo di tutta l’area. È un dato che descrive efficacemente la differenza tra ciò che l’Ue è oggi e quello che qualcuno vorrebbe far diventare da grande: gli Stati Uniti d’Europa.