Attese rispettate. La Bce continua la lotta all’inflazione dell’Eurozona alzando di nuovo il costo del denaro. La decisione presa nella riunione di oggi (giovedì 27 luglio) ha portato il tasso di riferimento al 4,25 per cento (quello sui depositi sale 3,75).
Sebbene la decisione fosse attesa, ciò che comincia a pesare è la frequenza: si tratta del nono aumento in nove riunioni, portando il tasso di interesse al livello più alto dal 2001, nonché della stretta monetaria più rapida della sua storia.
Il futuro, visto da Francoforte, resta incerto. Secondo la Bce, l’inflazione “resterà troppo alta per troppo tempo”, pur ammettendo che “continua a scendere”. La stretta sta avendo effetto: le condizioni di finanziamento “si sono irrigidite e frenano in misura crescente la domanda”, effetto che “rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”.
Parole che confermano come la narrazione proposta dalla Bce, a tratti un po’ scolastica, risulti sempre uguale a se stessa. Eppure, è stata la stessa Bce nelle scorse settimane a riconoscere che una fetta rilevante dell’inflazione europea derivi dagli extraprofitti di alcune imprese. Qui, la leva dei tassi di interesse serve a ben poco.