Il governatore (uscente) della Bce, Mario Draghi, continua a lanciare messaggi. Il suo obiettivo è stimolare i paesi a fare passi avanti verso l’Unione monetaria. Per riuscire nel suo intento a Francoforte ha precisato che l’aumento di circa 7,5 milioni di posti di lavoro dalla metà del 2013 ha consentito di recuperare tutti quelli persi durante la crisi. Tradotto, basta con il rinvio della costruzione dell'Unione monetaria.
Secondo la Bce il tasso di disoccupazione, che è ai minimi da dicembre 2008, dovrebbe scendere al 7,2% entro il 2020. Ma Draghi ha anche ammesso che ci sono dubbi sulla qualità di questi posti di lavoro che sono perlopiù a termine e/o part-time.
Tuttavia i problemi maggiori sembrano provenire dall’inflazione. Un euro forte e le misure protezionistiche varate dal governo degli Stati Uniti potrebbero, infatti, rappresentare dei rischi per le prospettive del livello dei prezzi al consumo nell’eurozona.
L’inflazione resta il fattore chiave anche per la chiusura del Quantitative easing. “Dobbiamo vedere una correzione sostenibile nel percorso dei prezzi verso il nostro obiettivo, ossia vicino al 2%”, ha chiosato Draghi.
Il messaggio alla Germania è chiaro.