Il fenomeno è lento e graduale, ma sta iniziando a segnare un profondo cambiamento nell’economia. Dopo diciotto mesi in territorio quasi continuamente negativo, i tassi di interesse ai quali gli Stati europei prendono in prestito dalla Bce sono tornati sopra lo zero.
Il livello delle obbligazioni decennali francesi, che avevano raggiunto un minimo di -0,38%, a metà dicembre 2020, si avvicina ora allo 0,2%. Andando nella stessa direzione, i Paesi Bassi sono aumentati dal -0,5% allo 0%. Anche l’Italia guadagna mezzo punto (ora allo 0,9%). Solo la Germania, considerata dai mercati il Paese meno rischioso, resta nella zona negativa, a -0,2%. La tendenza segue quella degli Stati Uniti, dove il tasso di indebitamento decennale è salito di 1,1 punti percentuali in quasi un anno all’1,6%.
Questo sviluppo non è privo di rischi nel contesto post-pandemia, poiché gli Stati sono fortemente indebitati. Tra il 2019 e il 2020, ad esempio, il debito pubblico francese è salito dal 97% del Pil al 115,7%, un salto storico. Quello dell’Eurozona nel suo insieme è aumentato dall’85 al 102%.
In tale situazione, il minimo movimento dei tassi di interesse diventa molto sensibile rispetto alla sostenibilità del debito. E si presenta all’orizzonte anche il rischio di un’esplosione della bolla finanziaria: i bassi tassi di interesse hanno causato, per anni, la fuga di capitali verso i mercati più rischiosi, come i mercati azionari, che pagano di più. L’inversione della situazione potrebbe improvvisamente sgonfiarli.