Tra marzo 2020 e agosto 2021 i prestiti bancari a famiglie e imprese dell’Eurozona sono cresciuti del 6,1% (+625 miliardi di euro). “Ritmi così sostenuti non si vedevano da prima della crisi finanziaria globale – spiega Marcello Minenna -, quando avevano favorito la formazione delle bolle immobiliari in Spagna e Irlanda. Stavolta, invece, l’aumento dei prestiti è avvenuto dopo lo scoppio della crisi dovuta al Covid-19, stimolato dai numerosi interventi dei policymakers a supporto della liquidità del sistema economico.”
Il rapporto tra prestiti deteriorati (non performing loans) e prestiti totali per le banche dell’Eurozona (NPL ratio) si è attestato nel secondo trimestre 2021 al 2,4%, in leggera diminuzione rispetto ai tre mesi precedenti. Altre informazioni utili vengono anche dai dati sugli accantonamenti in rapporto al volume di NPL e sull’incidenza dei prestiti oggetto di concessioni come la riduzione del tasso d’interesse applicato o l’allungamento dei tempi di rimborso. “Per entrambi gli indicatori si conferma il trend di deterioramento in atto da diversi trimestri”, aggiunge Minenna.
Inoltre, “diversi analisti preconizzano un’impennata dei crediti deteriorati e delle insolvenze nel 2022. Molto dipenderà dalla durata e dall’entità della ripresa economica, ma prudenza impone di pensare sin d’ora a un piano B – conclude Minenna -. L’ideale sarebbe una soluzione coordinata a livello sovranazionale, magari con la creazione di una bad bank europea di cui si discute da tempo. Come ci ha insegnato la crisi di dieci anni fa, la resilienza del sistema bancario è essenziale per la stabilità dell’Eurozona.” Ma quest’ultima sarebbe una soluzione ideale o soltanto un modo per nascondere la polvere sotto il tappeto?