Ecco una sintesi di un articolo firmato da Roberto Romano pubblicato su Sbilanciamoci.
L’inflazione è tornata a preoccupare molti paesi. Ma analizzando la dinamica dei prezzi di produzione e consumo, nell’ambito dell’Eurozona, emerge che l’Italia è l’unico Paese che registra dei veri aumenti dei prezzi alla produzione nel 2021.
Dall’evidenza empirica emergono tre punti: la forte sensibilità dell’Italia rispetto alla variazione dei prezzi dei beni intermedi e delle materie prime internazionali; la tenuta degli altri Paesi rispetto a questo aspetto; nel tempo i prezzi alla produzione tendono a stabilizzarsi come esito dei processi innovativi e tecnologici.
La stabilità dei prezzi nella produzione dipenda dal consolidamento dell’intensità tecnologica degli investimenti e, ovviamente, dal contenimento del costo del lavoro in generale, ma la crescita italiana dei prezzi alla produzione dell’ultimo anno (2021) sembrerebbe proporzionale alla bassa intensità tecnologica degli investimenti.
In tale contesto la distanza tra i prezzi alla produzione e i prezzi al consumo osservata in Italia dal 2012 merita una riflessione sulle possibili politiche pubbliche. Alla fine, la ridotta dimensione delle imprese e la concentrazione prevalentemente in ambiti low-tech, con tutte le implicazioni dal lato della produttività, qualche effetto di struttura deve pur manifestarlo.
Non si tratta di comprimere i costi delle materie prime, piuttosto di modificare l’assetto economico del nostro Paese che si rivela incapace di governare o mitigare le dis-economie esterne. E all’orizzonte si intravvedono extra-profitti che sono l’altra faccia della medaglia della despecializzazione italiana.