Si mostra orgoglioso Mario Draghi. È venuto apposta da Francoforte a Pisa - pochi giorni dopo l'annuncio della fine del quantitative easing - per ricevere dalla Scuola superiore Sant'Anna il PhD honoris causa in Economics. E nella sua lectio magistralis, in occasione della cerimonia, ha rimarcato l'importanza della moneta unica. "Non è ovvio che un paese tragga vantaggi in termini di sovranità monetaria dal non essere parte dell'euro", ha detto il governatore. D’altronde, ha spiegato Draghi, "la possibilità di stampare moneta per finanziare il deficit" non è stata usata "neanche dai Paesi che fanno parte dell’Ue ma non sono parte dell'euro".
Draghi si è quindi rivolto al passato per argomentare la sua posizione sull'importanza dell'euro: "Dal varo del sistema monetario europeo la lira fu svalutata sette volte, eppure la crescita della produttività fu inferiore a quella dell'euro a 12, l'incremento del Pil pressappoco lo stesso, il tasso di occupazione ristagnò" e "allo stesso tempo l'inflazione toccò cumulativamente il 223% contro il 126% dell''area euro a 12".
Ma l'euro è strategico non solo per l'Italia. "La moneta unica ha permesso a diversi paesi di recuperare sovranità monetaria rispetto allo Sme: allora le decisioni di politica monetaria erano prese dalla Germania", mentre "oggi sono condivise da tutti i paesi". Più in generale, "l'appartenenza alla moneta unica gioca un ruolo fondamentale per gli Stati membri, anche perchè stabilizza le economie dei paesi aderenti, soprattutto nelle fasi recessive", ha aggiunto Draghi. Il governatore tuttavia ammette: se "l'Unione monetaria è stata un successo sotto molti punti di vista, allo stesso modo dobbiamo riconoscere che non in tutti i Paesi sono stati ottenuti i risultati che ci si attendeva. In parte per le politiche nazionali seguite, in parte per l'incompletezza dell'Unione monetaria che non ha consentito un'adeguata azione di stabilizzazione ciclica durante la crisi. Occorre ora disegnare i cambiamenti necessari dell'Unione monetaria e realizzarli il prima possibile”.
Chiude la lezione tornando al suo orgoglio originario, l’Italia, con una nota di amarezza. “La crescita degli anni Ottanta fu presa a prestito dal futuro cioè sulle spalle delle generazioni successive attraverso l'esplosione del debito pubblico. Un fardello che oggi rende difficile ricreare il margine nei bilanci pubblici per avere spazi nei momenti di crisi", ha concluso Draghi.