Sebbene i dati macroeconomici non suggeriscano un rialzo dei tassi di interesse, la Bank of England, confermando le indiscrezioni dei giorni scorsi, ha optato per l'aumento allo 0,75% per la prima volta in quasi un decennio.
La Banca aveva detto a maggio di voler rinviare ancora per un po’ l’intervento sui tassi in attesa di una ripresa più consistente dell’economia. Ma il problema è che il secondo trimestre non si discosta molto dal primo.
Il ritocco di oggi, tuttavia, consente alla Banca di avere un margine, anche se minimo, qualora la Brexit dovesse maturare senza un accordo. Ma il vero motivo alla base della decisione del Comitato è l’andamento della disoccupazione, scesa al livello più basso dal 1975 e che starebbe accrescendo la pressione sui salari.
Circa due terzi delle imprese ha evidenziato difficoltà nel reperimento personale qualificato. Se ciò è vero, allora un’ulteriore diminuzione delle persone in cerca di lavoro, cosa che la Bank of England si aspetta, potrebbe difficilmente avvenire senza far surriscaldare le retribuzioni. E la previsione di Threadneedle Street è che il tasso di disoccupazione scenda al di sotto del 4% l'anno prossimo dall’attuale 4,25%.
C’è un però. La Banca centrale ha spesso sovrastimato l’andamento dei salari. In effetti i dati ufficiali al momento non mostrano l’incremento delle retribuzioni. Secondo alcuni economisti il motivo va ricercato nella bassa qualità di una parte dei nuovi posti di lavoro creati, i cosiddetti precari che hanno un ridotto potere negoziale.
L'economia, nonostante il rimbalzo nel secondo trimestre, è lontana dal boom. Le vendite al dettaglio sono deboli, il mercato immobiliare non da segnali di ripresa e l'inflazione sta tornando verso l'obiettivo del 2% più rapidamente di quanto previsto dalla Banca.
In tali circostanze è strano, forse anche un po' preoccupante, che nessun membro del Comitato si sia opposto al rialzo. L'incremento dei tassi di interesse si traduce in maggiori costi di finanziamento per le imprese, oltre che per mutui e prestiti contratti dai britannici, in un momento molto delicato per il paese alle prese con l’imminente Brexit.