E se il Regno Unito ci ripensasse? Brexit versus Bremain?

E se il Regno Unito ci ripensasse? Brexit versus Bremain?

Era il mese giugno del 2016: gli elettori britannici un po' a sorpresa decidono che è arrivato il momento del divorzio dall'Unione europea, vissuto come il sogno verso una nuova libertà lontano dalla regole e i vincoli di Bruxelles. Ma a quella data non erano ancora chiari gli effetti, dell'una e dell'altra scelta. Sono passati due anni e qualcosa, ora, comincia a essere più evidente su chi cerca di vendere olio di serpente.

Crescita a due velocità

Per la maggior parte del periodo che seguì l'inizio della Grande Recessione l'eurozona è cresciuta a un ritmo più lento rispetto al Regno Unito. Dall'inizio dell'anno scorso, tuttavia, il vento ha cominciato a soffiare in direzione opposta e l'area dei 19 paesi è divenuta più performante: la crescita britannica è ora la più lenta dell’Ue, i salari sono stagnanti, i consumi delle famiglie sono bassi e le imprese europee stanno riducendo gli investimenti sull’isola. Il che, tuttavia, non significa che la responsabilità sia addebitabile al referendum. Ma sono comunque indizi.

Inflazione

È, invece, meno discutibile che il voto abbia avuto un impatto immediato sul tasso di cambio della sterlina e, quindi, sulle ragioni di scambio del paese. Un altro dato lampante riguarda l'inflazione che è stata dal 2011 più elevata rispetto all'area dell'euro e ha continuato ad esserlo anche dopo il rallentamento del Pil. Anche qui, non è una prova che Brexit abbia causato un deterioramento del quadro macroeconomico, ma sono altri sospetti che si aggiungono ai precedenti.

Paese diviso

Tutti questi indizi alla fine pesano e il risultato è tratto dai sondaggi più recenti, che indicano come la maggior parte degli elettori ora preferisca rimanere nell'Ue. Il paese appare profondamente diviso. E non vi è consenso neanche tra i principali partiti su come raggiungere un accordo sostenibile in merito a mercato unico e unione doganale, oltre alla spinosa questione della frontiera con l'Irlanda.

Declino con o senza Brexit

Al momento la prospettiva di quello che i britannici definirebbero un “good deal” è lontana, molto lontana. Dopotutto, la Brexit è solo il quarto punto più importante discusso al vertice europeo giovedì e venerdì. Se, invece, ci fosse una svolta, l'impatto sui mercati finanziari sarebbe notevole e la fiducia nella sterlina britannica vedrebbe una consistente ripresa, ma fino a un certo punto. Il paradosso infatti è che, con o senza Brexit, la Gran Bretagna è entrata in una fase di declino, che il voto referendario ha semplicemente accelerato.

Marcia indietro?

Ecco allora che il sogno dei Brexiters di trasformare il paese in una “Singapore sul Tamigi” sembra ormai sfumato. Il paese è in un circolo vizioso - i fattori che hanno causato il fenomeno Brexit verrano ulteriormente peggiorati dall’uscita dall’Ue – ma venirne fuori non sarà facile. C’è ancora un margine per redimersi, anche se il tempo stringe, e puntare sul Bremain, questo sì che sarebbe catartico anche per i mercati. In caso contrario ai pro-Brexit rimarrà soltanto un triste dividendo: la soddisfazione emotiva del divorzio, che non ha però portato quella libertà promessa, costringendo invece il paese a un costoso esilio.

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