Legge di bilancio, esultano Lega e M5s. E il paese ha vinto?

Legge di bilancio, esultano Lega e M5s. E il paese ha vinto?

L’approvazione delle legge di bilancio da parte del Consiglio dei Ministri ha avuto qualcosa di paradossale. Si è consumato un conflitto tra le forze di governo, che cercano risorse per finanziare le promesse fatte in campagna elettorale, e il ministero dell’Economia, che si pone l’obiettivo di mantenere sotto controllo l’evoluzione dei conti pubblici. In questa narrazione - che mette da una parte i cattivi, ovvero i tecnici che non sono eletti da nessuno, e dall’altra i buoni governanti che in una democrazia hanno il diritto/dovere di applicare quanto chiesto dagli elettori - ci sono due vincitori: Lega e M5s. Ma la posizione di Giovanni Tria all’interno del governo è ora a forte rischio.

E il paese ha vinto? Per far quadrare i conti sarebbe stato “sufficiente” trovare coperture adeguate, cioè ridurre la spesa pubblica o aumentare la pressione fiscale. Invece finanziare l’eccesso di spesa in deficit, pensando che spendere in disavanzo non comporti costi, potrebbe rivelarsi un errore. Anche qualora l’aumento del deficit non si ripercuotesse sui tassi di interesse – ipotesi alquanto remota - si tradurrebbe in maggiori imposte da pagare in futuro da parte dei contribuenti. Mentre la possibilità che ulteriori spese (o riduzioni di tasse) si finanzino da sole con una più alta crescita è il più delle volte un’illusione. A meno che la spesa sia destinata a investimenti di lungo periodo e che il debito di partenza non sia esageratamente alto. Oppure in presenza di una forte carenza di domanda aggregata. Invece, le principali scelte fatte dal governo (reddito di cittadinanza, riduzione delle tasse e pensioni) non rappresentano un investimento, il debito è altissimo e la domanda aggregata non è così bassa. 

Detto ciò, la spesa per misure destinate ad aumentare l’equità sociale ed economica sono assolutamente necessarie in Italia. Basti pensare, ad esempio, che la Francia ha introdotto il Reddito minimo di inserimento nel 1988. Trent’anni fa. Occorre, però, capire su cosa “investire” le poche risorse disponibili. Del resto, il fatto che tra i paesi dell’eurozona l’Italia sia simultaneamente quello con il più alto rapporto debito pubblico/Pil e con la più bassa crescita, dovrebbe suggerire qualcosa sul legame tra deficit e prodotto interno lordo.

Il governo Conte farebbe bene a riconsiderare il rapporto con la Commissione europea. Ma non negoziando qualche decimale in più, come sarà ora costretto a fare. Sarebbe utile, non soltanto all’Italia, poter contare semmai su vincoli di Maastricht più flessibili. Il famigerato 3% non è sbagliato, non va bene la sua rigidità. Piuttosto che andare allo scontro frontale – cosa che inevitabilmente avverrà dopo la direzione presa dall’esecutivo – sarebbe meglio aprire un tavolo su una riforma “condivisa” dei parametri. Questo porterebbe a due vantaggi: più elasticità nell’utilizzo delle risorse in funzione dell’andamento del ciclo economico e si eviterebbe di varare una manovra finanziaria in contrasto con Bruxelles. E le relative conseguenze su spread, tassi interesse e debito.

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