Forse ancora più eclatante, per un paese come il nostro dove per costruire una grande opera occorrono in media 8 anni di lavoro, è il fattore tempo: ci sono voluti ‘solo’2 anni.
Questo Ponte, giudicato da molti come esempio di efficienza e modernità, non può tuttavia farci dimenticare cosa è il nostro Paese. I poteri speciali del Commissario e gli affidamenti diretti (e fuori gara) non si conciliano facilmente con l’Italia degli appalti al massimo ribasso e dell’illegalità diffusa.
Ecco perché oggi, 3 agosto, non c’è molto da festeggiare. Per ‘risarcire’ almeno in parte le 43 vite spezzate e quelle dei loro cari rimasti in vita ma con un dolore interiore insostenibile, ci vorrà molto di più.
E sebbene Egle Possetti, a nome del comitato dei parenti delle vittime, ci richiami alla cruda realtà (“Per noi non c’è niente da festeggiare”, tanto più che le chiavi del ponte nuovo sono state riaffidate alla stessa Aspi “inquisita”per il crollo del ponte vecchio), sappiamo che il problema va ben oltre Aspi (e i Benetton).
Sappiamo ad esempio che lo stato delle infrastrutture (non solo autostradali) è in molti casi scadente. Concentriamoci su questo. Non lasciamoci distrarre troppo dai risvolti civili e penali dei quali si sta occupando la magistratura.