Dopotutto, non è stato poi così difficile per uno che da giovane non ha mai militato a sinistra. La sua vocazione sin dall’inizio è stata piuttosto quella ‘centrista’, come poi è emerso dal ruolo di rottamatore, più reazionario che rivoluzionario.
Era il 2014, il momento del suo massimo fulgore sia politico che mediatico, con consensi che arrivavano da tutte le aree politiche, con un livello di fiducia da parte degli italiani superiore ai 65 punti percentuali.
Poi, qualcosa ha cominciato ad incrinarsi, uno smisurato ego ha iniziato a impossessarsi della sua persona. A cominciare dal referendum, perso. Da lì in poi, il progetto politico nella sua testa sembra svanito. E si mostra ora incurante del fatto che buona parte del paese guarda con terrore all’eventualità della caduta del governo e di nuove elezioni in un momento pandemico come l’attuale.
Invece di proporre una collaborazione fattiva si concentra sui proclami mediatici. Renzi va per la sua strada, ma non sembra sapere dove lo porterà. Anzi, dove ci porterà.