Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato per il rimpatrio del comandante libico Almasri. Lo stesso avviso di garanzia è arrivato al sottosegretario Alfredo Mantovano e ai ministri della Giustizia Carlo Nordio e degli Interni Matteo Piantedosi. Quantomeno questa è la versione raccontata dalla presidente del Consiglio.
“Penso – dice la premier in un video – che valga oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile e non mi faccio intimidire, è possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione”.
L’Associazione nazionale magistrati è poi intervienuta con una nota: “Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall'art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89”.
Il sindacato delle toghe spiega che “la disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati”. In conclusione - conclude l’Anm - “si tratta di un atto dovuto”.