La lezione (da non dimenticare) che ci lascia la morte di Luana

Troppo spesso si parla di poca voglia di lavorare e troppo poco di salari, sovente molto bassi, e di una classe imprenditoriale che numerose volte non si dimostra all’altezza.

La lezione che ci lascia la morte di Luana

Luana D’Orazio è l’operaia toscana di 22 anni morta stritolata dall’orditoio al quale stava lavorando. La perizia ha accertato che erano stati manomessi i sistemi di sicurezza del macchinario. Non casualità, quindi. Il problema è che spesso si parla di giovani ammaliati dal ‘Sussidistan’ (ovvero un sistema nel quale prevale il desiderio di una vita a basso profilo con il reddito di cittadinanza rispetto a un lavoro, il più delle volte sottopagato), ma troppo poco si parla di una classe imprenditoriale che sovente non si dimostra all’altezza. L’Italia avrebbe anche bisogno di imprenditori più seri e lungimiranti.

E, chi difronte ai casi come quello di Luana chiede più controlli e più ispettori non mette bene a fuoco le radici del problema e invoca un’operazione comunque auspicabile ma che lascerà le cose così come sono ora. Il motivo è semplice: per quanti maggiori controlli si possano effettuare, rispetto al numero delle imprese, non si riuscirà a invertire il trend. Una constatazione sfortunatamente confermata dall’alto numero di incidenti e vittime sul lavoro, del lavoro e dalla diffusa pratica di siglare contratti di lavoro irregolari (Luana era un’apprendista, ma le indagini hanno accertato che non c’era alcun tutor vicino a lei). La situazione è in qualche modo complicata dalle due principali specificità del tessuto imprenditoriale italiano: il fatto di essere affetto da nanismo industriale e concentrato in ambiti low-tech (ma ci sono anche alcune importanti eccezioni).

La soluzione, in questo caso, è nelle mani dei singoli, di imprenditori e lavoratori. Un imprenditore che non capisce che la propria forza motrice sono i dipendenti e i collaboratori è in realtà distante, non solo dai dettami del diritto e della sicurezza sul lavoro, ma anche da una logica aziendale vincente nel medio-lungo periodo. È infatti soprattutto il capitale umano a garantire il successo di un’impresa. Gli imprenditori non possono non sapere quanto tempo occorre per formare un lavoratore, quanto possa essere difficile sostituirlo, e quanto la produttività dipenda dalla qualità del rapporto che lega i dipendenti a coloro che gestiscono l’azienda (in altri termini la qualità del lavoro). Questioni di efficienza ed efficacia, oltreché di rispetto verso gli individui, che sono persone ancor prima di lavoratori. Eppure siamo qui a ricordare il caso di Luana.

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