In una vecchia barzelletta, il domatore di pulci mette una pulce sul tavolo e le ordina “Salta!”. Quella salta, e il pubblico applaude. “Fa’ il salto mortale!”, e quella fa il salto mortale. Poi, il domatore prende forbicine microscopiche e taglia le sei zampe della pulce. Poi la riposiziona sul tavolo e ripete gli ordini precedenti. La pulce non salta.
“Deduciamo” - conclude il domatore rivolgendosi al pubblico - “che tagliando le zampe a una pulce, questa diventa sorda”. Raccontando questa storiella l’economista Gianni De Fraja vuole evidenziare l’assurdità della conclusione del domatore quando esiste una spiegazione alternativa intuitiva e basata sull’esperienza del mondo.
Ma c’è una sorta di rovescio della medaglia. Se intuizione ed esperienza sono utili per valutare fatti della vita quotidiana, inducono spesso in errore quando chi persegue un’analisi scientifica si affida loro per determinare causa ed effetto.
Il punto – evidenziato efficacemente da De Fraja – è che l’assenza di metodi validi per stabilire o quantificare l’effetto causale di una variabile su di un’altra non giustifica elevare a scienza studi che scientifici non sono; deve invece spingere a cercare metodi migliori.
Sherlock Holmes diceva che una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità. Parafrasandolo – secondo l’economista - una volta dimostrata l’impossibilità di ogni altra spiegazione compatibile con i dati osservati, quello che resta è la causalità.