Alcuni ricercatori pubblicano un nuovo lavoro in media ogni cinque giorni. In un nuovo studio pubblicato su Nature gli autori, che hanno messo sotto esame gli articoli, le recensioni e i documenti di conferenze indicizzati nel database Scopus tra il 2000 e il 2022, sospettano che non tutti i loro manoscritti siano stati prodotti grazie a un lavoro (scientificamente) onesto.
Rispetto a un decennio fa, i ricercatori che pubblicano più di 60 articoli all’anno sono infatti quattro volte più numerosi. L’Arabia Saudita e la Tailandia hanno registrato l’aumento più marcato del numero di scienziati di questo tipo negli ultimi anni. Ma l’incremento di questi autori “estremamente produttivi” solleva il timore che alcuni ricercatori ricorrano a metodi dubbi per pubblicare nuovi articoli.
In generale, la maggior parte degli autori estremamente produttivi al di fuori della fisica (le pratiche di authorship in questo campo differiscono da quelle di altre materie) si trovava nella medicina clinica, che nel 2022 contava quasi 700 di questi ricercatori per così dire superdotati, mentre l’agricoltura, la pesca e la silvicoltura hanno registrato la crescita più rapida di ricercatori estremamente produttivi, (con un incremento di 14,6 volte tra il 2016 e il 2022), seguiti da biologia, matematica e statistica.
Nel complesso, solo nel 2022, 1.266 autori non fisici hanno pubblicato l’equivalente di un articolo ogni 5 giorni, compresi i fine settimana, rispetto ai 387 autori rilevati ad esempio nel 2016. E la tendenza è piuttosto generale: la maggior parte dei Paesi ha più che raddoppiato il numero di autori super produttivi sempre tra il 2016 e il 2022.
Tornando al caso della Tailandia, l’incremento potrebbe essere dovuto almeno in parte al sistema di finanziamento della ricerca del Paese, che è passato a favorire grandi gruppi interdisciplinari invece di piccoli gruppi, rendendo più facile per i ricercatori inserire il proprio nome in un maggior numero di documenti. Un altro fattore potrebbe essere correlato al fatto che molte università del Paese utilizzano incentivi in denaro per incoraggiare i ricercatori a pubblicare su riviste di rilievo.
Il punto è che la combinazione di una cultura fiorente del “pubblicare o morire” e di un sistema di ricompense monetarie crea un terreno fertile per il prosperare di comportamenti scorretti. Secondo un’indagine ministeriale, in Tailandia c’è anche chi ha pagato per poter essere inserito tra gli autori di un determinato articolo.
La soluzione? Bisognerebbe concentrarsi sulla qualità del lavoro di un ricercatore anziché sul volume di articoli pubblicati.