Adesso c’è più consapevolezza da parte degli utenti sul fatto che i big del web, a cominciare da Facebook e Google, acquisiscono e catalogano i dati personali. Salvo poi venderli al miglior offerente. Si tratta di informazioni cruciali ai fini commerciali. Se qualcuno sa tutto di te è più facile offrirti qualcosa che tu sia più propenso ad acquistare. Si utilizzano sofisticati algoritmi, nel caso di Google si parla di 57 indicatori, per studiarci e proporci pubblicità su misura. Ma non finisce qui.
Lo studio delle preferenze dell’utente avviene per i contenuti in genere, quindi anche per le news. Secondo alcuni, tra i quali il costituzionalista Michele Ainis, la circolazione delle informazioni in tal modo avviene per compartimenti stagni. Tutto avviene in un perimetro chiuso e autoreferenziale. Che impedisce di allargare i propri orizzonti. Da qui, il rischio di “autismo digitale” al quale tutti gli utenti sono esposti. Il problema è stato sollevato da Ainis durante il seminario organizzato presso l'AGCM (Autorità Garante Concorrenza e Mercato) "Economia digitale e Big Data".
C’è un però. Il meccanismo si regge sulla fiducia dell’utente, che si connette, fa ricerche, accede a determinati siti. Se la fiducia viene a mancare, perchè ad esempio si comincia ad avere dubbi sull’effettiva trasparenza adottata nell’uso dei dati personali, allora la storia potrebbe cambiare ancora.