Il 15,2% dei posti di lavoro è ad alto rischio di automazione in Italia a fronte del 14% rilevato per l’area Ocse. A sostenerlo è l’organizzazione con sede a Parigi.
Un altro 35,5% dei lavoratori potrebbe subire sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolte le attività professionali. “Questi posti di lavoro rimarranno, ma con mansioni diverse da quelle attuali”, spiega l’Ocse.
Dunque, andiamo per gradi. L’automazione ci sarà, anzi già è in atto. A quanto ammonterà davvero la perdita occupazionale è difficile stimarlo. L’Ocse, tuttavia, l’ha fatto. Da questo dato si potrebbe ripartire per provare a gestire il processo. Per riuscirci occorrerebbero due condizioni: che si torni a progettare politiche di medio-lungo periodo e che siano tra loro interdisciplinari.
In altri termini, se si pensasse ora agli ambiti interessati (formazione, istruzione, politiche attive, previdenza, ecc.) e a come reagire al cambiamento nei prossimi 5-10-20 anni, allora ci sarebbero chances di non andare incontro a sconvolgimenti epocali nel mondo del lavoro. Che, altrimenti, saranno inevitabili. E, a quel punto, in molti probabilmente diranno “tutta colpa delle macchine”.