C’è un paradosso che aleggia sulla scienza, o meglio sull’età dell’oro della scienza, che in teoria stiamo vivendo in questi anni. “Oggi viene pubblicata – si legge in un articolo pubblicato su www.roars.it - la maggiore quantità di ricerca mai vista prima da parte del maggiore numero di scienziati mai esistito, ma il risultato è che questa enorme massa di articoli sta effettivamente rallentando il progresso della scienza”. Una valutazione che sembra controintuitiva. “Ci sono troppi articoli da leggere e da assorbire, le riviste nei campi più popolari citano di meno i nuovi lavori e incensano di più gli articoli già altamente citati”, si spiega nel post.
Sul tema c’è uno studio basato sull’analisi di 1,8 miliardi di citazioni da parte di 90 milioni di articoli in 241 campi scientifici differenti. “Troviamo che un diluvio di articoli non porta al ricambio delle idee centrali in un campo, ma piuttosto all’ossificazione del paradigma dominante – sostengono gli autori -. Gli studiosi dei campi in cui vengono pubblicati molti articoli ogni anno hanno difficoltà a farsi pubblicare, leggere e citare, a meno che il loro lavoro non citi articoli già ampiamente citati.”
L’effetto di tale caos (poco creativo) è in qualche modo antiscientifico. “I nuovi articoli che contengono contributi potenzialmente importanti non possono raccogliere l’attenzione di tutto il campo attraverso processi graduali di diffusione – aggiungono gli studiosi -. Questi risultati suggeriscono che il progresso fondamentale può essere ostacolato se la crescita quantitativa degli sforzi scientifici - numero di scienziati, istituti e articoli – non è bilanciata da strutture che incoraggiano lo studio innovativo e concentrano l’attenzione su idee nuove.”