La partenza di Sorrell è stata provocata dall'accusa di uso improprio di fondi, ma le azioni Wpp già da tempo andavano male, fino a perdere 1/3 del loro valore dopo un anno disastroso.
Contro di lui gioca l'età, 73 anni e una visione obsoleta del marketing attuale, anche se in realtà è in buona compagnia. Rupert Murdoch ha 87 anni; Sumner Redstone, che controlla Viacom e Cbs, ha 94 anni; John Malone, a capo di Discovery e Virgin Media Liberty Global, ne ha 77. E, come Sorrell, i grandi gruppi gestiti dai vecchi baroni dei media stanno affrontando la stessa sfida di Wpp: Internet.
Il panorama dei media è stato capovolto dal digitale che ha consentito di guardare ciò che si vuole, quando si vuole. E su qualsiasi dispositivo. Le media-company tradizionali stanno, così, affrontando l'ascesa dei concorrenti della Silicon Valley, che minacciano i loro modelli di business. D’altronde, il valore di mercato combinato di Apple, Amazon, Google e Fb è di 2.8 trilioni di dollari.
Le conseguenze già si vedono. Procter & Gamble, il più grande inserzionista al mondo, afferma che entro il 2021 taglierà più di 1,1 miliardi di dollari dai fondi destinati alle aziende pubblicitarie rispetto ai livelli del 2015. E per un impero come Wpp, che ha oltre 3 mila uffici in 112 paesi e 200 mila dipendenti, non è una buona notizia.