Tesla ha licenziato centinaia di dipendenti nei giorni scorsi. Si tratta di 400 tra ingegneri, manager e operai proprio mentre è in corso un notevole sforzo industriale per assecondare gli ordini crescenti del Model 3.
L’auto, almeno sulla carta, è destinata in virtù del prezzo accessibile e della lunga durata delle batterie a diventare il primo mezzo totalmente elettrico di massa. Il sospetto è che i lavoratori allontanati siano quelli più vicini ai sindacati.
L'azienda, guidata dal 2008 dall’ad Elon Musk, è stata recentemente criticata per la lentezza nella produzione del nuovo modello: soltanto 260 su 25.000 veicoli prodotti da luglio a settembre. Il progetto era di realizzarne 1.500. Il management ha attribuito il basso tasso di produzione della nuova auto a strozzature inattese nel suo sistema di produzione.
Presi per il PIL
La Norvegia, uno dei paesi considerati tra i pionieri dell’energia verde e delle auto a zero emissioni (saranno così tutte quelle messe in commercio dal 2025), ma anche il paese che ospita il fondo sovrano “petrolifero” più grande al mondo, ha deciso che imporrà una tassa su tutte le auto elettriche che pesano più di due tonnellate, una misura che di fatto prende di mira Tesla. È un’altra cattiva notizia per la casa automobilistica californiana. Secondo i critici, tuttavia, il successo delle vetture elettriche è connesso ai vantaggi rilevanti concessi per l’acquisto di modelli altrimenti molto cari, come quelli di Tesla. La novità avallata dalla Norvegia è che, nonostante le auto elettriche non producano emissioni inquinanti, contribuiscono in maniera significativa ad aumentare il traffico e a danneggiare le strade per via del loro peso.