Nel primo viaggio negli Stati Uniti dopo la fine del suo governo Mario Draghi è stato chiaro parlando il 7 giugno al Massachusetts Institute of Technology, dove ha ricevuto il premio Miriam Pozen e ha tenuto una Lecture. Due i principali messaggi lanciati dall’ex premier.
L’inflazione potrebbe durare più a lungo di quanto si pensi. E occorre progredire nell’allargamento dell’Unione europea, integrando in essa l’Ucraina e rafforzando la politica comune di difesa, facendo entrare la stessa Ucraina nella Nato.
La globalizzazione, che si pensava “inarrestabile”, è in crisi. Secondo Draghi, “mentre eravamo impegnati a celebrare la fine della storia, la storia preparava il suo ritorno. Eppure i segnali che arrivavano dalla Russia erano chiari e da molto tempo, prima in Cecenia, poi in Georgia e in Crimea”.
Il tutto mentre nel mondo occidentale l’elezione di Donald Trump e la Brexit mostravano la “disaffezione” verso un modello economico e sociale percepito come “iniquo e privo di tutele”. Pandemia e guerra hanno accelerato questi trend, riportando in primo piano il ruolo del governo nell’economia.
“Non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i suoi alleati che assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra. Accettare una vittoria russa infliggerebbe un colpo fatale all’Ue”, evidenzia Draghi.
Detto questo, nel nuovo mondo bisognerà convivere con una certa dose di inflazione, avverte l’ex presidente della Bce il quale ammette che le banche centrali “avrebbero dovuto diagnosticare in anticipo il ritorno dell’inflazione persistente”, anche se nella sua ottica “hanno in gran parte recuperato il tempo perduto”.
Nel vecchio continente - spiega Draghi – “stiamo assistendo a una lotta tra aziende e lavoratori su chi dovrebbe sopportare” il costo dell’inflazione. Le imprese, per ora, lo hanno messo sulle spalle dei consumatori, “mantenendo o addirittura aumentando i loro profitti”.
Draghi si dice tuttavia convinto che, “alla fine, le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi”, tuttavia “l’economia avrà un aspetto molto diverso da quello a cui siamo abituati”. Le tensioni internazionali continueranno a pesare sul tasso di crescita e il processo di reshoring per riportare in patria produzioni strategiche e riallocare le forniture presso Paesi affidabili (friendshoring, ndr) potrebbe comportare un livello di inflazione più alto che in passato.
Inoltre, “mi aspetto che i governi gestiscano deficit di bilancio permanentemente più elevati” per affrontare le nuove sfide, dal clima alla difesa, “senza indebolire la protezione sociale che rende unica l’Ue”. E anche questo non aiuterà la discesa dei prezzi.