Al vertice Nato di Vilnius, il segretario generale Jens Stoltenberg ha reso noto che il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha accettato di inoltrare la richiesta di adesione della Svezia “il prima possibile” al parlamento di Ankara per la ratifica.
La decisione di Erdogan va interpretata anche alla luce delle mosse degli ultimi giorni. Il leader turco ha ospitato il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky a Istanbul, permettendo il ritorno in patria dei combattenti del Reggimento Azov catturati dalle forze di invasione della Russia a Mariupol’ (sarebbero dovuti rimanere in Turchia fino al termine delle ostilità) ed esprimendo sostegno all’ambizione di Kiev di aderire anch’essa alla Nato.
In cambio, il leader turco ha chiesto a Bruxelles maggiore apertura verso l’idea di una maggiore integrazione del paese anatolico nell’Unione Europea, condizione necessaria ma non sufficiente per la ratifica turca all’ingresso della Svezia nella Nato.
L’intraprendente capo di Stato turco ha incontrato a Vilnius il presidente del Consiglio europeo Charles Michel al fine di “esplorare le opportunità per riportare in primo piano la cooperazione Ue-Turchia e rilanciare le nostre relazioni”.
A incidere potrebbe essere stata anche la recente decisione della Svezia di applicare per la prima volta la nuova legge antiterrorismo, condannando un uomo curdo a 4 anni e mezzo di carcere per aver tentato di raccogliere fondi per il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato gruppo terroristico nella Turchia di Erdogan
Non è tutto qui: non solo Ankara vedrà rimosso il regime dei visti d’ingresso dei cittadini turchi verso l’Unione Europea (con rischio correlato di concessione agevolata di passaporti turchi a cittadini extracomunitari), ma ha ottenuto anche la revoca delle restrizioni occidentali nel campo della tecnologia militare. Il presidente Joe Biden si è immediatamente detto favorevole al trasferimento in Turchia “senza limiti o condizioni” dei caccia F-16 tanto richiesti da Ankara negli ultimi anni.
Di fatto, la vittoria diplomatica di Erdogan è totale: vede esaudite tutte le proprie richieste materiali in cambio di un semplice atto formale (ratifica parlamentare) che nulla costa alla Turchia.