Il terremoto che ha colpito l’isola di Taiwan ha costretto le fabbriche di chip a sospendere la loro produzione. TSMC, il più grande produttore di semiconduttori al mondo, ha evacuato alcune delle sue sedi, e così hanno fatto anche produttori minori come United Microelectronics.
Alcuni macchinari sono entrati in modalità di emergenza, bloccando le operazioni. Anche perché la produzione dei semiconduttori è un processo delicatissimo, e una singola vibrazione può distruggere interi lotti di semiconduttori realizzati con precisione.
Una situazione che mette in apprensione un po’ tutta l’industria legata ai semiconduttori. Perché le aziende taiwanesi, con TSMC in testa, producono e assemblano la stragrande maggioranza dei semiconduttori utilizzati in tutto il mondo.
A Taiwan viene prodotto l’80-90 per cento dei chip di fascia alta necessari per applicazioni avanzate come smartphone e intelligenza artificiale. Semiconduttori che sono elementi cardine anche di automobili, elettrodomestici, e personal computer.
E nulla può intaccare l’equilibrio perfetto delle “clean room”, dove vengono assemblati componenti grandi un micron per costruire i microchip e dove gli addetti indossano tute sterili. Figuriamoci un terremoto.
Il che dimostra quanto sia fragile l’assetto dell’economia globale. Basti pensare a quanto sta accadendo nel canale di Suez (per motivi militari e geopolitici) e in quello di Panama (per motivi climatici), dove passa quasi tutto il commercio mondiale. E, ora, il sisma di Taiwan non fa che confermare una debolezza strutturale.