Durante un discorso a Francoforte (Germania), la segretaria al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen ha enfatizzato l’importanza dell’alleanza tra Usa e i paesi dell’Unione Europea, mettendo in guardia i partner sulla sovracapacità industriale della Repubblica Popolare Cinese.
Secondo l’ex presidente della Federal Reserve, l’attitudine produttiva cinese danneggerebbe le aziende americane, europee e del resto del mondo. Parole e concetti che sembrano aver definitivamente abbandonato il credo della mano invisibile (di memoria smithiana) che pulisce il mercato; quell’idea secondo cui il mercato si auto-ripara e, dunque, non c’è bisogno dell’intervento pubblico.
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen si è detta concorde, seppur precisando che Bruxelles intende seguire un approccio più mirato, intervenendo solo laddove è comprovato che Pechino abbia violato le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Della serie, noi europei dal punto di vista economico siamo un po’ più keynesiani (ovvero crediamo di più nella capacità regolatrice dello Stato e nell’importanza della spesa pubblica) e un po’ meno neoclassici, rispetto a voi americani. Quantomeno sul piano teorico, quello delle dichiarazioni. C’è poi il piano fattuale, ciò che avviene in realtà. E qui i dati aprono un diverso scenario. Ma questa è un’altra storia.