La Turchia ha chiesto formalmente di entrare a far parte del gruppo dei paesi emergenti Brics, nel tentativo di rafforzare la propria posizione sullo scacchiere politico e nell’economia globale nei prossimi decenni. L’amministrazione del presidente Recep Tayyip Erdogan, accusando il mancato ingresso nell’Ue, si è infatti posta l’obiettivo di ampliare i legami diplomatici, continuando a rispettare gli obblighi di membro della Nato.
La domanda di adesione è stata presentata alcuni mesi fa e, se dovesse essere accolta, la Turchia potrebbe essere il primo paese della Nato a entrare a far parte del gruppo. La decisione sull’ingresso di Ankara potrebbe essere presa durante il vertice che si terrà a Kazan, in Russia, dal 22 al 24 ottobre. “Migliorando contemporaneamente le relazioni con l’Oriente e l’Occidente la Turchia può diventare un Paese forte, prospero e prestigioso”, ha detto Erdogan parlando a Istanbul nei giorni scorsi.
Il gruppo dei Brics, acronimo che prende il nome dai suoi primi membri – Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa – si è già allargato all’inizio dell’anno con l’ingresso di quattro nuovi paesi: Iran, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi e Arabia Saudita. E, oltre alla Turchia, anche Malesia, Thailandia e Azerbaigian potrebbero avanzare la richiesta di adesione al gruppo.
Nel frattempo, Erdogan continua a tenere il piede in due staffe. Per la prima volta in cinque anni il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha incontrato giovedì scorso i suoi omologhi europei, nel desiderio reciproco di rilanciare i rapporti dopo i numerosi screzi dell’ultimo quinquennio. Le due guerre, in Ucraina e a Gaza, inducono la Turchia e l’Ue a migliorare la loro cooperazione.
Negli anni il rapporto tra le parti è peggiorato per via di varie diatribe, legate alla frontiera marittima tra Grecia e Turchia, alla perdurante divisione dell’isola di Cipro, e naturalmente al lungo stallo (come detto) nei negoziati di adesione di Ankara all’Ue. Tra Bruxelles e Ankara restano distanze consistenti, ma i colloqui sono stati definiti “costruttivi”. Riassumendo: il secondo esercito della Nato punta ad entrare nei Brics, ma non ha ancora rinunciato all’idea di entrare anche nell’Ue.