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Il sospiro di sollievo di Wall Street è durato poco. La paura di una dura guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina e i timori sui danni che i dazi potrebbero causare all’economia mondiale tornano con prepotenza e affondano i listini americani, alimentando lo spettro di una recessione.
“Stiamo facendo bene, ci sono dei costi di transizione ma alla fine andrà tutto bene”, ha cercato, inutilmente, di tranquillizzare Donald Trump. Il Dow Jones perde il 2,50% a 39.593,44 punti, il Nasdaq cede il 4,31% a 16.387,31 punti mentre lo S&P 500 lascia sul terreno il 3,46% a 5.267,91 punti.
In Europa, invece, le piazze finanziarie hanno brindato alla tregua di 90 giorni sulle tariffe annunciata a sorpresa martedì dal presidente americano, quando i mercati del Vecchio Continente erano già chiusi.
Dopo aver registrato la migliore giornata dalla seconda guerra mondiale, Wall Street è dunque tornata con i piedi per terra. La realtà è apparsa ben diversa dall’euforia del giorno prima. Sotto pressione anche il dollaro, sceso ai minimi dall’ottobre del 2024 nei confronti delle altre valute, e i Treasury (i titoli del debito pubblico statunitensi), sui quali è tornata ad abbattersi un’ondata di vendite che ha fatto schizzare i rendimenti dei titoli a 30 anni al 4,85%.
Se dopo un rimbalzo forte come quello di martedì un rallentamento è considerato fisiologico, il nuovo crollo di Wall Street affonda le sue radici in motivi reali. La precisazione della Casa Bianca sui dazi alla Cina fa temere uno scontro frontale fra le due superpotenze economiche.
A innervosire è anche la pausa di 90 giorni che, secondo alcuni osservatori, prolunga l’incertezza e non offre nessuna garanzia che un accordo, alla fine, venga raggiunto.