Un vertice importante passato inosservato, o quasi, ai radar dei media occidentali. Disattenzione dolosa o colposa? Il Sudafrica ha ospitato in questi giorni il decimo incontro annuale dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica).
Quando si è tenuto il primo vertice Bric nel 2009 (il Sudafrica è stato aggiunto nel 2010), il mondo era alle prese con la grande recessione e il nuovo acronimo sembrava poter rappresentare il futuro. Cinque paesi dal potenziale economico enorme, sufficiente per fornire un contrappeso geopolitico all'Occidente. I paesi Brics hanno un ruolo chiave nel mercato globale: il Pil congiunto è pari al 42% di quello mondiale.
I Brics hanno provato a chiedere una maggiore rappresentanza nelle istituzioni di governo globale. Ma all’Fmi e alla Banca Mondiale restano un europeo (Christine Lagarde) e un americano (Jim Yong Kim), che continuano a presiedere le due organizzazioni e a esercitare – per conto di Ue e Usa - un potere sproporzionato rispetto ai nuovi equilibri economici globali. E non è sufficiente per risolvere il problema l'appartenenza permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che conferisce ai cinque membri permanenti (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina) il diritto di veto.
D qui la decisione di mettere su nel 2014 un'istituzione alternativa a quelle poste sulla sponda statunitense dell'Atlantico: la New Development Bank. Ha sede a Shanghai e ha erogato prestiti per 5,1 miliardi di dollari. Sfruttando la propria crescente forza nell'economia mondiale, la Cina prova così a dare il proprio imprinting a un nuovo ordine macroregionale e multipolare.
In questo quadro, sotto la presidenza del presidente Cyril Ramaphosa, il Sud Africa sta cercando nuovamente di affermare la propria leadership economica nel continente. Se ci riuscisse potrebbe tentare di aumentare il peso specifico dell'Africa all'interno dei Brics. Prima che sia completamente fagocitata da Pechino. Un passo per evitare questo scenario è stato fatto siglando nei mesi scorsi l'accordo di libero scambio africano (Afcta), che garantisce accesso a un mercato di oltre 1 miliardo di persone e un Pil combinato di 3 trilioni di dollari.
"C'è un grande potenziale di investimento in Africa: nell'ultimo decennio l'economia continentale è cresciuta del 2-3% in più rispetto al Pil globale", ha detto Ramaphosa. Sono, però, necessarie massicce infrastrutture e lo sviluppo delle competenze, anche perché la popolazione africana in età lavorativa raddoppierà nei prossimi 25 anni. Un futuro già scritto?