L'economia mondiale è a rischio di un altro tracollo finanziario. L’avvertimento è del Fondo monetario internazionale, che evidenzia come il livello del debito globale sia ben al di sopra di quello registrato al momento della crisi del 2008 innescata dal fallimento della banca statunitense Lehman Brothers.
Molto – anche se non abbastanza secondo l’organizzazione con sede a Washington - è stato fatto per sostenere le riserve delle banche nell’ultimo decennio e per istituire una supervisione più rigorosa del settore finanziario. Ma il vertiginoso aumento dei prestiti da parte delle cosiddette “banche ombra” in Cina e l'incapacità di imporre severe restrizioni alle compagnie di assicurazione e ai gestori patrimoniali, che hanno fra le mani fondi per trilioni di dollari, sono evidenziati dall’Fmi come motivo di forte preoccupazione. Infatti, la crescita di banche globali come JP Morgan e la Banca commerciale della Cina su scala superiore a quella rilevata nel 2008 ripropone il dilemma “troppo grandi per fallire”.
Anticipando uno dei temi al centro dell'incontro annuale del Fondo - che si terrà la prossima settimana sull'isola indonesiana di Bali - il direttore generale Christine Lagarde si è dichiarata in “ansia” per la crescita esponenziale del debito globale, sia nel settore pubblico che in quello privato, salito del 60% nel decennio successivo alla crisi finanziaria del 2008 fino a raggiungere il massimo storico di 182 trilioni di dollari.
Per Lagarde l'accumulo del debito globale espone a rischi crescenti soprattutto le economie emergenti ora più vulnerabili in seguito all’incremento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, che potrebbero innescare una consistente fuga degli investitori – attratti dai maggiori rendimenti offerti dalla prima economia al mondo - e destabilizzare le loro economie.
Il rapporto debito pubblico/Pil a livello mondiale è salito al 52%, a fronte del 36% registrato prima della crisi. "Questo dovrebbe servire come sveglia", ha detto Lagarde. Anche perché l’aumento dei prestiti alle imprese non ha determinato l’aumento della spesa in ricerca e sviluppo, tantomeno in investimenti infrastrutturali. Gli fa eco l'ex primo ministro britannico Gordon Brown, per il quale l'economia globale è "un sonnambulo in attesa di una crisi futura" con l’aggravante che ora "siamo in un mondo senza leader".