Un attacco in piena notte rischia di portare Stati Uniti e Iran sull’orlo della guerra. Un raid statunitense sull’aeroporto di Bagdad ha ucciso il generale Qassem Soleimani, responsabile delle operazioni coperte di Teheran e uomo centrale del regime degli ayatollah. L’ordine di colpire è stato impartito direttamente dal presidente Trump.
A mezzanotte alcuni missili hanno distrutto un convoglio delle Forze di mobilitazione popolare irachene, che stavano accompagnando all’aeroporto una delegazione dei Guardiani della Rivoluzione di Teheran, uccidendo cinque esponenti del movimento iracheni, due iraniani, e un civile.
Tra le vittime anche Abu Mahdi Al-Muhandis, l’uomo che il 30 dicembre ha spinto la folla ad assaltare l’ambasciata Usa. E, come detto, soprattuto il generale Soleimani, un personaggio fondamentale nella storia recente del Medio Oriente.
Soleimani era al comando delle brigate Qods, che ha avuto un ruolo decisivo nei conflitti della regione. Ha animato la seconda fase dell'insurrezione anti-Usa in Iraq, ha armato hezbollah libanese contro Israele, ha guidato la repressione del regime di Damasco contro la rivolta. Poi ha indirettamente collaborato con i suoi storici nemici statunitensi per riuscire a sconfiggere lo Stato islamico. Fino a ora, era sempre sfuggito ai tentativi di eliminarlo.
L’Iraq, in pratica, si sta ora trasformando nel fronte più duro del confronto tra Washington e Teheran. La comunità sciita irachena è da sempre legata al paese vicino, la cui influenza è continuata a crescere dopo la fine del regime di Saddam Hussein.