“Presto la Cina non sarà più la fabbrica del mondo”

Young Liu, presidente di Foxconn (il più grande produttore di iPhone a livello globale), ha già delocalizzato fuori dalla Cina parte della sua attività per evitare i dazi voluti da Donald Trump. Ma gli effetti della politica commerciale imposta dalla Casa Bianca stanno perlopiù ricadendo sugli statunitensi

“Presto la Cina non sarà più la fabbrica del mondo”

Negli ultimi 50 anni, la Cina è diventata una potenza economica globale, in gran parte grazie all’ascesa della sua industria manifatturiera. Ma per il Ceo di una delle più grandi aziende in quella macroarea, Hon Hai Precision Industry Co., si tratta di un’era potrebbe presto volgere al termine. Secondo Liu, a capo dell’azienda più comunemente nota come Foxconn, i giorni della Cina come fabbrica del mondo sono finiti.

Liu sostiene che la guerra commerciale di Trump con Pechino ha costretto i produttori di dispositivi elettronici a diversificare le loro catene di approvvigionamento puntando su altri paesi in modo da non essere colpiti dai dazi sui prodotti fabbricati in Cina. Nel caso di Foxconn, il più grande produttore globale di iPhone, il 30% della capacità produttiva dell’azienda è già fuori dalla Cina.

Tuttavia questo non significa che la politica commerciale della Casa Bianca sia davvero vincente. Trump ha imposto dazi pesanti sulle merci importate dalla Cina come parte della sua guerra commerciale contro Pechino, ma molti segnali indicano un impatto negativo netto per gli Stati Uniti. Un’analisi di Bloomberg Economics ha stimato che le misure punitive dell’amministrazione Trump finiranno per costare (agli stessi Stati Uniti) 316 miliardi di dollari entro la fine del 2020. E, secondo i ricercatori della Federal Reserve di New York, Princeton e Columbia, i dazi sono costati agli statunitensi circa 831 dollari per famiglia nel corso del 2019.

Le tensioni si sono ridimensionate lo scorso dicembre quando Trump e Jinping hanno raggiunto un accordo commerciale ad interim, ma il presidente statunitense le ha recentemente riaccese con due ordini esecutivi che cercano di vietare a due app (TikTok e WeChat), di proprietà rispettivamente delle aziende cinesi ByteDance e Tencent, di operare negli Usa.

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