La trasferta diplomatica del presidente francese Emmanuel Macron in Russia e Ucraina nasconde diverse insidie, mentre più di centomila soldati russi sono ammassati alle frontiere dell’Ucraina. Il primo rischio è quello del cavaliere solitario (anche se la Francia ha in questo momento la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue), ovvero di risvegliare quell’‘arroganza francese’ che perseguita la diplomazia dell’Eliseo. Il secondo è che Macron possa offrire troppe concessioni in cambio di una pace incerta.
Alla base della sfiducia verso Parigi c’è lo scetticismo di una parte dell’Europa - in particolare i paesi dell’Europa centrale e orientale che si fidano più della protezione della Nato che di quella della Francia o dell’Ue - nei confronti delle iniziative francesi, accusate di voler indebolire la Nato a beneficio della ‘sovranità europea’.
Intanto la Russia insiste sul concetto della ‘indivisibilità della sicurezza’ secondo cui la sicurezza degli uni non si può ottenere a scapito di altri. È ciò che reclama Mosca a proposito dell’allargamento della Nato verso est dopo la fine della guerra fredda. Così, per non urtare troppo la suscettibilità del paese più esteso al mondo, la Francia, con l’appoggio della Germania (connessa alla Russia da profondi legami economici), potrebbe puntare a una sorta di ‘finlandizzazione’ dell’Ucraina per creare un cuscinetto neutrale tra blocco occidentale e Russia, il che si tradurrebbe nel posticipare di qualche anno la valutazione dell’ingresso di Kiev nell’Organizzazione atlantica.
Ma Putin non si fida e sottolinea che tranquillizzare la Russia con l’argomentazione della natura puramente difensiva della Nato non funziona, visto quanto accaduto (secondo il Cremlino) in Iraq, Libia e Afghanistan.
Macron ha tuttavia dalla sua parte il sostegno del presidente ucraino Volodomyr Zelenskij. Un fattore che riduce il rischio di un fallimento, mentre l’avvio di un negoziato accettabile da tutte le parti in causa costituirebbe un grande successo sia per l’Ucraina che per l’Europa. E, soprattutto, per un presidente che tra poche settimane tenterà di essere rieletto all’Eliseo.
Per riuscire nel suo obiettivo pensa a un percorso a tappe per una de-escalation: è quello che Emmanuel Macron è andato a proporre il 7 febbraio a Vladimir Putin in un lungo incontro, cinque ore a porte chiuse e a cinque metri di distanza, senza sherpa e con l’interprete come unica testimone dei colloqui.