Per la corsa al ruolo di mediatore fra ucraini e russi non sembrano mancare i candidati. Tuttavia, la caratteristica più richiesta è di rappresentare un’autocrazia come quella cinese o una via di mezzo fra dittatura e democrazia, come la Turchia.
Mediatori democratici come Stati Uniti ed Europa non possono essere ammessi perché sono parte in causa del conflitto a favore dell’Ucraina. La seconda ragione è che Xi Jinping e Recep Erdogan assomigliano più a Vladimir Putin, o meglio ne comprendono meglio i comportamenti, sebbene abbiano buoni rapporti economici anche con l'Ucraina.
Gli attori in gioco sono dunque tre: Turchia, Israele e Cina. Il vantaggio della prima è di non avere quasi nulla da perdere nel conflitto: la situazione nel Nord della Siria, dove turchi e russi si guardano, è stabile rispetto alla volatilità dell’area. Lo svantaggio è di non avere un reale peso negoziale.
Il secondo candidato è Israele che, invece, avrebbe molto da perdere se prendesse le parti di americani ed europei. I russi hanno un importante ruolo di contenimento delle attività di iraniani ed Hezbollah libanese alle frontiere settentrionali. L’aviazione israeliana non potrebbe bombardare basi nemiche in Siria e Iran senza il tacito consenso russo.
Anche per questo Israele è riluttante ad applicare sanzioni alla Russia. Il primo ministro di destra Naftali Bennett prende tempo, il ministro degli Esteri Yair Lapid, di centro-sinistra, condanna la Russia. La sottosegretaria di Stato americana Victoria Nulan è stata chiara: “Non potete diventare l’ultimo paradiso di denaro sporco che alimenta le guerre di Putin”.
Israele si ritiene l’unica democrazia occidentale in Medio Oriente. È vero, ma è anche l’unica democrazia che occupa un territorio di altri, la Cisgiordania palestinese. E l’ultima che non applica le sanzioni contro Putin e oligarchi: quelli di origini ebraiche hanno anche la cittadinanza israeliana. Possiedono giornali, televisioni, investono nell'edilizia, hi-tech, banche.
Ma è chiaro che l’eventuale vero negoziatore per massa critica economica e politica sia la Cina. È quello che avrebbe più da perdere ma anche da guadagnare. È tuttavia anche il più riluttante. Ora è possibile che Xi si sia pentito di aver chiamato “senza limiti” l’amicizia con Putin, due settimane prima che invadesse l’Ucraina. In ogni caso, la resistenza ucraina e l’inaspettata compattezza dell’Occidente sono propedeutici all’eventuale aggressione a Taiwan. Deng Xiaoping amava spesso citare Lord Palmerston: “Non abbiamo alleati eterni e non abbiamo nemici perpetui. I nostri interessi sono eterni e perpetui”.