Una nuova fabbrica sta sorgendo in Arizona. Nulla di particolare se non fosse che l’investitore è un’azienda privata taiwanese, la Taiwan semiconductor manufacturing company (Tsmc). Si tratta del secondo impianto industriale che la Tsmc costruisce in Arizona. Il primo, che comincerà la produzione l’anno prossimo, è stato voluto da Donald Trump.
In totale la Tsmc spenderà 40 miliardi di dollari in Arizona, una cifra equivalente al piano presentato dalla Commissione europea per tutto il Vecchio Continente. Ma il colosso taiwanese godrà di miliardi di sussidi provenienti dal ‘Chips and Science Act’ firmato dal presidente statunitense lo scorso agosto nel quale sono stanziati 52,7 miliardi di dollari fra agevolazioni, sgravi fiscali e sussidi per favorire la costruzione di una catena di approvvigionamento nazionale.
I chip sono fondamentali per il loro utilizzo in numerosi comparti, dalla telefonia, alle macchine, sino ai jet e ai sistemi di puntamento missilistico. La costruzione delle due fabbriche in Arizona darà lavoro a 10mila operai, e una volta che saranno entrate a pieno regime altri 10mila posti in settori hi-tech e altamente pagati ruoteranno attorno al gigante taiwanese.
La Tsmc produce il 55% dei semiconduttori al livello mondiale e il 90% di quelli di alta gamma. Il fatto che la sua sede sia a Taiwan, isola rivendicata da Pechino (che la considera una sua provincia ribelle), aggiunge una dimensione geopolitica.
Da un lato gli Stati Uniti, ma anche l’Europa e il Giappone, cercano di ridurre la dipendenza dalle importazioni di semiconduttori dai produttori asiatici. L’Ue conta di portare la quota di produzione del continente dal 10 al 20% del totale mondiale entro dieci anni. Dall’altro, rafforzando il legame con la Tsmc, gli statunitensi mostrano di fatto che non abbandoneranno Taiwan.
In concreto, l’impresa mantiene a Taiwan la produzione di alta gamma, ovvero i semiconduttori di 1 o 2 nanometri (l’unità di misura di questi prodotti). Il primo impianto statunitense produrrà l’anno prossimo semiconduttori da 5 nanometri. Se 500 ingegneri si trasferiscono in Arizona, altri 50mila restano sull’isola.
Due decenni fa la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti toccava il 37% di quella globale, la cifra è progressivamente scesa fino ad arrivare al 12% attuale. Biden vuole invertire la rotta, anche per togliere alla Cina la capacità di condizionare il mercato globale.