Le esportazioni cinesi sono aumentate a giugno mentre le importazioni si sono ridotte: le aziende e le famiglie cinesi sono diventate più caute nello spendere denaro. Il risultato è stato un avanzo commerciale mensile record pari a circa 99 miliardi di dollari.
A giugno il valore delle importazioni è infatti sceso del 2,3% rispetto all’anno precedente, attestandosi a circa 209 mld, mentre le esportazioni sono aumentate dell’8,6%, raggiungendo i 308 mld, generando (come detto) un surplus da record.
Per il governo cinese, l’avanzo commerciale sempre più ampio è una buona notizia ma, al tempo stesso, l’impennata di Pechino mette in allarme numerose capitali straniere: il timore è che le esportazioni dalla Cina possano sostituire la loro produzione industriale, costringendo le fabbriche a chiudere e danneggiando la crescita economica. Non per caso, nelle ultime settimane, i governi di Stati Uniti, Unione Europea, Brasile, India, Turchia e altri Paesi hanno aumentato le tariffe o imposto nuovi dazi sui manufatti provenienti dalla Cina.
Misure che probabilmente non riusciranno a fermare l’ondata di piena, considerando che le fabbriche cinesi producono già quasi un terzo dei prodotti manifatturieri del mondo.
L’enfasi sull’espansione industriale serve a Pechino anche a compensare la crisi immobiliare, sempre più evidente nei dati ufficiali: i nuovi prestiti bancari netti ai mutuatari industriali hanno raggiunto i 614 mld nei 12 mesi fino a marzo. Si tratta di una cifra sei volte superiore ai prestiti annuali concessi a questi mutuatari prima della pandemia, sostituendo quasi interamente i prestiti precedentemente destinati al settore immobiliare.