Nel 2013 la Cina ha lanciato la ‘Belt and Road Initiative’ (Bri). Un colossale progetto nato per finanziare nei paesi esteri progetti infrastrutturali come autostrade, porti, ferrovie, e che oggi riguarda anche il commercio, la cooperazione politica e gli scambi culturali. Secondo alcuni osservatori, Pechino cerca così di assoggettare altri Stati attraverso una sorta di ‘soft power’.
Il leader cinese Xi Jinping è atteso in Italia a fine marzo. E, secondo il Financial Times, il governo gialloverde sarebbe pronto a firmare un memorandum d'intesa sulla Bri con l’obiettivo di aumentare l’export di “made in Italy” verso il mercato a più rapida espansione al mondo. L’Italia diventerebbe il primo paese del G7 a siglare l’accordo con la seconda economia al mondo.
Ma c’è un rovescio della medaglia. La prima economia globale ha già fatto sapere che l’idea italiana non è poi così buona: non apporterà sostanziali benefici al paese e allo stesso tempo rischia di sporcare la reputazione italiana nel lungo periodo, secondo Garrett Marquis, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Per il quotidiano britannico, c’è un altro rischio: vanificare gli sforzi dell’Ue per assumere una posizione comune ‘contro’ le mire espansionistiche della Cina.