I numeri fanno impressione. Nel 2000 il totale dell'interscambio tra la Cina e tutti gli stati africani era di 10 miliardi di dollari. Nel 2014 è volato a 220 miliardi. La Cina sta conquistando l'Africa.
Senza sparare un colpo, senza causare un solo ferito, senza una sola protesta in uno dei 54 paesi del continente. La penetrazione cinese è – come da tradizione di un popolo che non mira all'assoggettamento dello straniero - solo e puramente economica e finanziaria.
Pechino la sta attuando in modo silenzioso – non esistono dati ufficiali. Le uniche stime provengono da centri di analisi americani, russi o europei - e lo fa in modo capillare, investendo molto. Investimenti diretti e prestiti. Nel 2017 il monte prestiti è stato di oltre 100 miliardi di dollari, il finanziatore numero uno a livello mondiale, avendo superato gli Stati Uniti e l'Ue.
Per non parlare degli investimenti in forma diretta, attraverso il Cad, il Fondo Cina-Africa per lo sviluppo. Agisce co-finanziando esclusivamente progetti in cui sono coinvolte imprese cinesi. Aziende manifatturiere in loco da cui, l'anno scorso, sono usciti decine di migliaia di pezzi, tra camion, frigoriferi, condizionatori, televisori e oltre un milione e mezzo di tonnellate di cemento.
Insomma, l'azienda-Cina sta delocalizzando in Africa. E lo fa innervando di infrastrutture il continente: porti (9), aeroporti (14), centrali elettriche (34). Quella più pregiata è la rete ferroviaria: 5000 km che hanno una fondamentale importanza per l'integrazione tra paesi spesso in tensione. Perché questo successo in Africa? “Perché qui è molto rischioso avviare qualsiasi progetto e i cinesi hanno accettato il rischio” spiega un analista russo.