Da Afrique ad Afrika (da pronunciare con l’accento russo)

Aumentano i paesi che espellono la Francia dal continente nero, mentre Mosca estende il proprio controllo: dal Mediterraneo alla linea dell’Equatore, oggi Putin è il referente principale

Da Afrique ad Afrika (da pronunciare con l’accento russo)

Alla fine anche il Senegal ha deciso di chiudere tutte le basi militari straniere, il che significa mandare via i soldati francesi. L’ordine era nell’aria da mesi ma è stato formalizzato soltanto nei giorni scorsi dal primo ministro Ousmane Sonko. 

Il presidente Bassirou Diomaye Faye, che dall’elezione di aprile ha spinto per la rottura con Parigi, ha detto più volte: “Il fatto che i francesi siano stati qui sin dall’epoca dello schiavismo non significa che sia impossibile fare diversamente”. Non ci sono date fissate, ma il destino dei 350 uomini della legione straniera è ormai segnato ed è l’ultimo dei tanti divorzi che stanno espellendo la Francia dal continente.

Il più sorprendente è avvenuto a metà dicembre, in un Paese che l’Eliseo era convinto di avere recuperato: il Ciad. Prima la stessa storia si era ripetuta nel Mali, Niger e Burkina Faso: le tre nazioni del Sahel in mano a giunte golpiste hanno cavalcato i sentimenti popolari di ostilità verso l’ex potenza coloniale.

Nel frattempo, tutti si sono rivolti alla Russia. Così in meno di 5 anni il Cremlino è riuscito a concretizzare un risiko incredibile, piazzando le sue pedine dalla Cirenaica al Ciad, dal Sudan alla Repubblica Centrafricana fino all’intero Sahel: dal Mediterraneo alla linea dell’Equatore, oggi Putin è il referente principale.

Sono molto attivi anche altri protagonisti emergenti, come la Turchia e gli Emirati Arabi, senza dimenticare il ruolo cinese nella costruzione di infrastrutture e negli investimenti. Tanti soggetti che si muovono in modo parallelo, convergendo nel comune interesse di eliminare dalla scena europei e americani.

Dal punto di vista militare, a Parigi ora rimangono 600 soldati in Costa d’Avorio e 350 in Gabon, oltre al presidio di Gibuti con 1500 uomini: la base sul Mar Rosso è l’unica ritenuta irrinunciabile nella nuova strategia che Macron ha elaborato, puntando su una “presenza più flessibile e dinamica”.

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