L'Ue è infastidita per la nuova decisione di Trump di rinviare di 30 giorni l'avvio dei dazi su alluminio e acciaio. L'accusa è che così facendo rischia di lasciare l’economia globale in un limbo.
Per questo in Europa la sospensione statunitense non è stata vista come un atto di conciliazione, ma come un altro mese di incertezza. In ogni caso, Bruxelles ha ribadito che “non negozierà sotto minaccia”. Un clima da guerra fredda, eppure il Vecchio Continente è il principale partner commerciale degli Stati Uniti.
Ma l'imprevedibilità di Trump sta cogliendo di sorpresa anche le imprese. I grandi “divoratori” di metalli, come i produttori di automobili e le aziende di costruzione, stanno accumulando scorte in previsione di una guerra commerciale. Di conseguenza, i prezzi dell’acciaio sono subito saliti.
Il comportamento di Trump sta, così, alimentando l'ansia in Europa che la tanto attesa ripresa economica perda di nuovo slancio. La minaccia di una trade-war, infatti, si aggiunge ad altri rischi che inducono le imprese ad essere meno disponibili a investire e creare posti di lavoro: l'imminente fine dello stimolo della Bce, la Brexit e il blocco politico in Italia.
Mentre i funzionari di Bruxelles considerano le tariffe pianificate su acciaio e alluminio come una violazione dei trattati internazionali, la Germania - il paese che ha più da perdere – si mostra ora disponibile a trattare con gli Usa, anche perché l’acciaio rappresenta circa 1/5 delle esportazioni tedesche extra-Ue.
Per il momento, tra i due litiganti, Stati Uniti e Ue, a godere è il terzo, la Cina. Bruxelles lo sa e vorrebbe cooperare con Washington per fare pressione sul governo di Pechino su aspetti nevralgici come la protezione della proprietà intellettuale. Ma Trump sembra più attratto dall’idea di insidiare l’Unione europea creando una frattura tra Berlino e Bruxelles.