“Oggi è davvero una giornata storica. Dopo anni di intenso lavoro il Patto di migrazione e asilo diventa finalmente realtà”. Esulta Ursula von der Leyen. Anche se con alcune divisioni nei gruppi che la compongono, la coalizione che cinque anni fa la elesse a capo della Commissione europea è riuscita il 10 aprile a far approvare, a maggioranza relativa, nove regolamenti che detteranno le nuove politiche dell’Ue sull’immigrazione.
Un risultato scontato solo fino a un certo punto per le lacerazioni che hanno attraversato i Socialisti dove il Pd ha votato a favore di uno solo dei regolamenti. Divisioni che non hanno risparmiato neanche le destre riunite nel gruppo Ecr guidato dalla premier Giorgia Meloni, con i polacchi del Pis compatti contro il Patto mentre Fratelli d’Italia ha scelto di votare caso per caso. Aumentando così le divergenze anche nella maggioranza di governo italiana, con la Lega che ha votato contro e Forza Italia a favore.
L’obiettivo del Piano è quello di uniformare le regole tra gli Stati membri superando gli approcci nazionali, rendendo più veloce l’esame delle richieste di asilo di coloro che arrivano in Europa e, in caso di respingimento della domanda, i rimpatri.
Le nuove procedure prevedono la creazione alle frontiere di appositi centri dove identificare i migranti entro sette giorni, sottoponendoli a visita medica e ai controlli di sicurezza. Anche ai bambini con più di sei anni potranno essere prese le impronte digitali. Chi proviene da un paese che ha una percentuale di richieste di asilo accolte non superiore al 20 per cento verrà rinchiuso in centri di permanenza speciali dai quali non potrà uscire e la sua richiesta di asilo esaminata entro tre mesi. In caso di respingimento dovrà essere espulso nei successivi tre mesi. Da questa procedura sono escluse le famiglie con figli minori e i minori non accompagnati, a meno che non siano stati ritenuti un rischio per la sicurezza.
È, inoltre, previsto che l’Ue accolga fino a 30 mila migranti l’anno e viene introdotta la cosiddetta solidarietà obbligatoria, ma ogni stato membro potrà scegliere se farsi carico di una quota di richiedenti asilo oppure aiutare i paesi di primo approdo con un sostegno tecnico operativo oppure finanziario con il versamento di 2.000 a migrante.
Infine, nel caso dovessero crearsi situazioni di particolare emergenza in seguito a un numero particolarmente alto di sbarchi, un paese può chiedere al Consiglio Ue la dichiarazione di stato di crisi che prevede la distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo tra gli Stati membri. Per chi si rifiuta è previsto il pagamento di 20 mila euro per ogni mancato ricollocamento.
Perché il Patto diventi operativo sono necessari però ancora alcuni passaggi, primo fra i quali il via libera da parte del Consiglio Ue che potrebbe avvenire il 29 aprile con un voto a maggioranza qualificata. Dopo di che la Commissione dovrà presentare un piano di attuazione, un impegno che Johansson ha detto di voler rispettare entro il prossimo mese di giugno.
Preoccupazione per le possibili conseguenze del Patto è stata espressa da numerose ong che da anni si occupano di immigrazione. Per Refugees Welcome Italia, le nuove regole cancellano il diritto di asilo come lo abbiamo conosciuto fino a oggi. Chi chiederà asilo in Europa non avrà più alcun diritto effettivo all’esame pieno della domanda di protezione internazionale, e potrà essere sistematicamente detenuto alle frontiere esterne dell’Unione.
Il compromesso raggiunto non supera il sistema di Dublino, non alleggerisce i Paesi di primo ingresso ed è fortemente improntato ad un approccio securitario con gravi manchevolezze in tema di diritti umani. Per l’Italia cambia poco. L’onere dell’accoglienza e della gestione delle richieste d’asilo dei migranti resta infatti al Paese di primo approdo.