Il surplus delle partite correnti della Germania è persistentemente ampio. Lo scorso anno ha toccato i 250 miliardi di euro, ovvero il terzo anno consecutivo con un'eccedenza superiore al 7,8% del Pil.
Dei 193 paesi osservati nel World Economic Outlook dell’Fmi soltanto un gruppo residuale ha raggiunto le performance tedesche. E tra questi, la maggioranza sono ricchi di materie prime, petrolio in primis.
Per capire quando nasce il surplus occorre tornare indietro nel tempo. Dopo il periodo post-riunificazione degli anni '90, durante il quale la Germania ha dovuto fronteggiare una bilancia di conto corrente negativa, e dall'inizio dell'Unione monetaria, il saldo è cresciuto in modo sostanziale.
Con persistenti eccedenze delle partite correnti, la Germania è diventata negli anni un grande creditore: la sua posizione netta verso l’estero è ora superiore al 50% del Pil. Secondo la valutazione dell’Fmi, tuttavia, soltanto la metà dell'eccedenza rilevata nel 2016 può essere spiegata da fattori “tradizionali”, come la produttività e l'invecchiamento della popolazione.
La contabilità nazionale consente di suddividere risparmio e investimento di tutti i settori dell'economia. Emerge, così, che i prestiti netti della Germania dal 1999 al 2016 sono aumentati di oltre 9 punti percentuali del Pil. Ma la sorpresa è che il contributo principale deriva dal settore delle società non finanziarie, seguito dal settore pubblico e soltanto successivamente dalle famiglie.
Contrariamente alle affermazioni spesso dichiarate, quindi, non sono le famiglie tedesche ad aver guidato l'aumento del surplus della Germania. Non è vero che i tedeschi sono diventati più parsimoniosi a causa dell'invecchiamento, anche perché i profili demografici non cambiano in modo rilevante nel corso di 18 anni. La dinamica del surplus di conto corrente riflette, invece, un profondo cambiamento nel comportamento delle imprese.