L’arrivo nell’enclave spagnola di Ceuta di circa 9 mila migranti in poche ore è, ufficialmente, la risposta del Marocco alla presenza in Spagna del segretario generale del Fronte Polisario, Brahim Ghali, che, malato di Covid, è ricoverato all’ospedale di Logroño.
Ghali, 71 anni, è entrato in Spagna il 20 aprile sotto falsa identità su richiesta di Algeri, protettrice da sempre della causa saharawi (il popolo saharawi, cioè sahariano, è costituito dai gruppi tribali arabo-berberi tradizionalmente residenti nelle zone del Sahara Occidentale) e in ottimi rapporti con Madrid, di cui è il principale fornitore di gas. Il governo spagnolo ha giustificato il ricovero per “ragioni umanitarie”.
Non è però solo la presenza di Ghali in Spagna che ha portato Rabat a usare la carta della pressione migratoria, una strategia molto efficace, come insegna il caso della Turchia (alla quale l’Ue ha dato 8 miliardi di euro per trattenere i migranti nel paese guidato da Erdogan).
Il regno di Muhammad VI sta approfittando del momento favorevole: in cambio della normalizzazione delle relazioni con Israele, lo scorso 10 dicembre l’amministrazione Trump ha riconosciuto per la prima volta la piena sovranità marocchina, stravolgendo quarant’anni di risoluzioni dell’Onu, sul Sahara Occidentale.
L’ex colonia spagnola, occupata dal Marocco nel 1976, è un territorio ricco in fosfati e terre rare. Inoltre, le sue coste sono ambite per la pesca. Timorosa di un passo indietro da parte di Biden e nel mezzo della crisi palestinese, Rabat ha deciso così di mostrare i denti.
Che la questione sia delicata lo dimostra anche la risposta del premier spagnolo Pedro Sánchez che ha schierato l’esercito a Ceuta e difeso l’integrità territoriale spagnola, ottenendo l’appoggio della Commissione europea, ma ha teso allo stesso tempo la mano a Rabat, partner commerciale e alleato chiave di Madrid nel Mediterraneo occidentale.