Prima la strage di Cutro, dei profughi partiti dalla Turchia e naufragati al largo delle coste italiane dopo aver evitato quelle greche. Poi lo rivelazione del New York Times sui migranti presi dai centri di accoglienza e ributtati in mare dalle autorità elleniche. E ora una delle peggiori tragedie di sempre con circa 600 dispersi.
Ma visto che la strategia dell’Europa è “occhio non vede, cuore non duole”, fortuna vuole che il naufragio sia avvenuto in uno dei punti di maggiore profondità del Mar Ionio, circa 4mila metri: ciò significa che la grande maggioranza dei migranti non sarà mai ritrovata, inghiottita negli abissi marini. Una circostanza che consentirà ancora una volta alle autorità greche di proseguire con il loro comportamento medioevale.
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno ellenico, sono 2.150 i profughi finiti in carcere in Grecia perché accusati di essere degli scafisti. Per capire che si tratta di un dato surreale basti pensare che si tratterebbe del secondo reato più diffuso in Grecia. È questa la fruttuosa strategia della tensione che Atene porta avanti da tempo.
Tutto lascia pensare che la storia proseguirà con altre tragedie annunciate, visto che l’orientamento adottato dall’Ue nei giorni scorsi è basato sul rafforzamento dei meccanismi di respingimento dei migranti, lasciando ancora una volta fuori dalla porta l’aspetto principale, ovvero la redistribuzione obbligatoria dei migranti. Anzi, agli Stati è data la possibilità di non accettare migranti ricollocati dai paesi di primo ingresso, pagando una quota per ogni persona non accolta.
Si conferma inoltre la volontà politica di esternalizzare il controllo delle frontiere nella gestione dei flussi migratori, aumentando le pressioni sui Paesi terzi. Un sistema che come nel caso dell’accordo Italia-Libia, non solo non sembra riuscire a bloccare gli arrivi (da gennaio ad oggi sono oltre 51.000), ma perpetua la violazione dei diritti umani fondamentali delle persone detenute nei lager libici (e non solo), vittime di torture e soprusi indicibili. Le responsabilità italiane in tal senso non sono totalmente addebitabili all’attuale governo, bensì affondano le radici nel recente passato, allorquando questa idea di esternalizzare le frontiere, voltando le spalle al problema, è stata messa in atto soprattutto da un importante esponente del Partito Democratico, l’ex ministro degli Interni, Marco Minniti.
Il cinismo europeo si aggiunge anche a una scarsa lucidità nel gestire il fenomeno migratorio da parte dei Paesi comunitari. Eppure, è ormai lampante quanto le economie europee e occidentali in genere abbiano un crescente bisogno di lavoratori stranieri. Si tratta di un bisogno urgente, evidenziato anche da importanti organizzazioni internazionali, visto l’inesorabile invecchiamento demografico a cui sta andando incontro il continente europeo.