
Il vertice straordinario europeo del 6 marzo ha segnalato soprattutto un fatto nuovo: il vento è cambiato nella principale capitale europea, cioè Berlino.
A Bruxelles c’erano tutti e due i cancellieri: l’uscente Scholz, che è ancora in carica, ha preso parte al vertice dei leader, mentre quello in pectore Merz era la mattina alla riunione preparatoria del Ppe.
Berlino ha ormai rotto il fronte dei frugali, con l’accordo Cdu-Spd sul freno nazionale al debito che permette anche le spese militari e con la richiesta all’Ue di estendere in termini temporali la flessibilità sulle spese per la difesa.
Una vera svolta, se solo si pensa alla centralità da sempre attribuita dai tedeschi al Patto di stabilità e al rigore nei conti.
Via libera, dunque, alle spese di riarmo e ritorno in grande stile del protagonismo della Germania dopo una breve eclissi europea.
Una scelta che serve, nell’ottica di Berlino, ad aumentare le difese verso Mosca, ma anche a risollevare le sorti della prima economia europea, ora in grave difficoltà.
Il settore manifatturiero, e in particolare quello metalmeccanico, ovvero il cuore pulsante dell’economia tedesca, potrebbe essere riconvertito: cannoni e carri armati al posto di automobili.
Ma questo vertice segna anche la fine dell’unanimità a 27 (con l’Ungheria fuori). L’Unione armata guarda oltre: vuole provare a coalizzare tutto l’occidente non trumpiano e antirusso.